Un paese antico

da liburnum a livorno

Per tracciare un profilo storico di Livorno, pur avendo reperti giustificanti un insediamento in epoca romana e tardo antica, bisogna risalire alla fine del X secolo, con il diploma di Ottone III, datato 7 maggio 999, con il quale vennero confiscate le terre di Arduino e dei suoi alleati tra questi Aimino e Goslino di Livorno, per donarle al vescovo di Vercelli Leone I. 

Sotto la giurisdizione dei vescovi di Vercelli, ribadita da diversi diplomi imperiali, Livorno resta sino al 1243, epoca in cui venne ceduto, dal legato pontificio cardinale Gregorio di Montelongo, al Comune di Vercelli che lo fortifica e lo erige, nel 1254, in Borgo Franco. A questo periodo risalgono il Torrione d'entrata (Parsun, ristrutturato nel 1388), la parrocchiale di San Lorenzo, testimone nella sola parte bassa del campanile, la cella benedettina di sant'Andrea al cimitero (rimaneggiata nell'800) e la Chiesa di Santa Maria d'Isana, pressoché integra nella forma, appartenente ai Templari prima ed ai Gerosolomitani poi.

Verso il 1310 passa sotto il dominio del Monferrato e partecipa alla buona e cattiva sorte del marchesato e del susseguente ducato per tutto il periodo della sua esistenza, ricevendo in cambio della buona sudditanza diversi privilegi: bealera di Livorno (1465) libertà di caccia (1499), le fiere e il mercato del sabato (1519).

Nel 1332 vengono redatti gli Statuti locali, in sostituzione dei precedenti del 1238, pregevole trattato giuridico e civico che regolerà il sistema di vita dei Livornesi per oltre quattro secoli.


Il Centro Storico di Livorno Ferraris

Il Centro storico di Livorno Ferraris, tra i meglio conservati della Provincia Vercellese è il nucleo più antico del paese, comunemente detto Gir d'la Purcissiun dove si affacciano le attività commerciali e finanziarie, e dove sono localizzati chiese e palazzi storici, lapidi e monumenti.

            Partendo in senso orario da levante troviamo la chiesa di San Francesco (XVIII secolo, su preesistenze del Quattrocento) con all'interno tele di Orsola Moncalvo e Bartolomeo Caravolia e all'esterno bassorilievo in cotto del Santo (sec. XV); addossata alla chiesa vi è il settecentesco Palazzo Tarachia (ora Celidonio) con annesso il Teatro Viola a due fila di loggioni, ormai in disuso da tempo.      

            Seguendo i portici, in una teoria di stili dal rinascimentale al settecentesco con un innesto improprio di primo Novecento, troviamo Palazzo Buzzi (già dei conti Perucca della Rocchetta) pregno di storia risorgimentale, quindi nel lato opposto Casa Salerano con un bella meridiana del 1716, più avanti altro caseggiato con facciata liberty quindi affacciato su piazza Ferraris un edificio adibito a Bar, già Café Chantant Muzio, sulla cui facciata è posizionata una lapide a ricordo della permanenza livornese dello storico Carlo Botta triunviro della Nazione Piemontese; dirimpetto si trova Palazzo Ferraris sede del Consiglio Comunale con la Sala Risorgimentale, l'Archivio Storico e la Biblioteca Civica al piano primo e il Museo Ferraris al piano terra: nell'atrio del Palazzo sono murate diverse lapidi a ricordo dei caduti delle guerre e una grande lapide a ricordo della donazione di Casa Ferraris al Comune nell'intento di promuore la formazione del Museo; sulla facciata del Palazzo è affissa una lapide a ricordo dell'eccidio partigiano e una targa in bronzo ricorda che “qui nacque Galileo Ferraris”. Retrostante a Palazzo Ferraris tramediante un picola stradina si intravede la Casa Prepositurale risalente al 1666.

            Attraversata la piazza si trova la chiesa barocca di San Giovanni Decollato, edificata al tempo della peste manzoniana, un tempo con altari di patronato delle famiglie nobili del paese e al momento utilizzata solo per mostre; a seguire il bel Palazzo Tavallini (già dei conti Perucca della Torre); al centro della piazzetta antistante la chiesa è posizionato il monumento a Galileo Ferraris, opera di Ildebrando Bastiani (1902).

            Proseguendo per via Cavour troviamo la chiesa settecentesca dei Ss. Apostoli, molto frequentata a titolo devozionale per via della Madonna di Lourdes. All'interno un bel coro confraternitale posto nella parte absidale con soprastante un'interessante tela della Coena Domini; nella controfacciata è posizionate, sulla balconata, l'organo Ramasco del 1854. Più avanti si trova piazza Corio, nata dallo smembramento di case medievali, al cui centro è ubicata la Tettoia Comunale, sorta come mercato coperto alla fine dell'Ottocento e in seguito utilizzata come padiglione delle feste. Sulla piazza si affaccia Palazzo Corio, residenza del socio agrario di Cavour che in questa casa fu più volte ospite.

            Continuando la visita, al termine di via Cavour si accede all'arteria principale, via Martiri della Libertà gia via Duca di Genova, su cui si affacciano l'ex Casa della Divina Provvidenza, case rinascimentali dei Montiglio, l'ex Palazzo della Pretura e principalmente Palazzo Ciocca attuale sede del Municipio: il fabbricato è stato trasformato in casa padronale nell'Ottocento modificando l'antica struttura di castello medievale.
                                                    Giovanni Franco Giuliano

PORTA DI PIAZZA


Il 22 novembre 1314 il marchese Teodoro intrasset burgum Liburni cum militibus et gentibus suis et paratus esset et vellet debellare quondam castrum novum situm extra burgum liburni.

            Per garantirne la sicurezza di Livorno il successivo 26 novembre ordinò a tutte le Comunità sue suddite di inviare i loro servientum e laborerium per rafforzare se non scavare i fossati intorno al borgo e il 30 dello stesso mese chiese anche il succursum a causa di un riacutizzarsi delle attività belliche dei vercellesi; è curioso notare come non tutti avessero obbedito agli ordinativi marchionali per cui Teodoro die XXIII decembris in platea Liburni fu costretto a emettere sentenza contro le Comunità renitenti in quanto non venerunt ad nostrum subsidium et succursum liburni e a multarle perché non fecerunt nec fieri fecerunt fossata sibi limitata et dessignata per certam mensuram circa burgum Liburni.

        A fronte di due comunità su 61 esentate da tutte le prestazioni, in quella circostanza i renitenti totali alla cernea servientum furono 16 su 59 (27,1%), i renitenti parziali 25 (42,4%), gli inadempienti ai laboreria 41 (69,5%), mentre coloro che non risposero alla richiesta di succursum ben 54 (91,5%).

 

        Le porte-torri inserite nella cerchia muraria del borgo dovevano essere tre, anche se gli Statuti ne indicano soltanto due, ma solo una è ancora oggi visibile seppur rimaneggiata, quella che nel gergo comune viene denominata Parsun per la sua funzione a partire dal 1693.

        In origine doveva essere aperta verso l’interno per questioni difensive, disponeva di un ampio passaggio carraio e di una postierla per il passaggio pedonale. Sono ancora oggi evidenti le battute del ponte levatoio che giustificano l’esistenza di un fossatum burgi oltreché di un ulteriore fossatum quod appellatur fossatum castri richiamando in tal senso la presenza di un castello, probabile abitazione del castellanus liburni e luogo dove veniva esercitato il processo penale.

        Questa ha subito nei secoli diversi danni, ricostruzioni, trasformazioni d’uso. Una data in particolare, “1388 die primo septembris”, riportata su tre formelle in cotto, incastonate sull’apertura carraia al di sotto della battuta del ponte levatoio, per molti anni fu ritenuta la data di edificazione della porta; in realtà è la data di parziale ricostruzione della stessa dopo la cruenta battaglia in campo aperto, nella campagna di Livorno verso il canale d’Ivrea, del luglio 1388 che vide scontrarsi, nel corso della guerra del Tuchinaggio, gli eserciti di Amedeo VII, il Conte Rosso, e di Facino Cane per il marchese Teodoro II: da entrambe le parti furono rotte molte lance e molti uomini d’armi vuotarono gli arcioni come ebbe a narrare un cronista sabaudo, e Ottone di Grandson, comandante in capo delle forze avversarie, venne addirittura fatto prigioniero; con l’arrivo dei rinforzi savoiardi Facino Cane fu però costretto non senza difendersi a ritirarsi nel borgo di Livorno lasciando via libera agli eserciti del conte diretti verso Verrua.

 

        La seconda porta detta di Coziano era simile alla precedente, come si evince dai rilievi allegati agli Ordinati di demolizione avvenuta nel 1842, ed era ubicata nella zona nord, nel sito dell’ex trattoria dei Pesci, sulla strada tendente a Bianzè; dove ancora oggi si vede un grossa pietra verde della Dora proprio dove un tempo vi era la postierla di accesso pedonale.

        È ipotizzabile che possa esser stata la porta del castrum per differenziarla dalla precedente che invece era la porta del villario.

            La terza porta ancora visibile in una carta di primo ottocento era posta nella zona est a ridosso del Teatro Viola sulla via delle Tavernole, l’odierna via Adamo Ferraris, che immetteva sulla strada di Cairate diretta alla campagna.

 

            La pianura a cavallo dei confini di Livorno, Bianzè e Cigliano era nella seconda metà del trecento una fertile campagna di battaglie che ha visto esprimersi nelle loro valenze gli eserciti della coalizione papale al comando del Conte Verde, Amedeo VI di Savoia, contro l’armata di Gian Galeazzo Visconti.

        Nel 1372 si acuirono le tensioni. A tal proposito si registra una scorreria degli armigeri viscontei a scapito di Livorno che venne assediato e occupato.

        In tale occasione il nobile Giacomo di Formentono figlio del fu Damsone, oriundus de dicto loco che aveva opposto resistenza, fu catturato e torturato: gli vennero cavati gli occhi e gli amputarono una mano e oltretutto tirata fuori la lingua con un chiodo usque ad radicem gliela recisero con la spada.

        La notizia è giunta sino a noi grazie a un racconto agiografico su papa Martino V, deceduto in profumo di santità, che avrebbe interceduto per la riabilitazione del nostro malcapitato, subito riabilitatosi nell’uso della parola.
                                                   Giovanni Franco Giuliano

l'età moderna

Alla fine del 500, il livornese Clemente Fera, vicario generale degli Agostiniani di Lombardia, fonda a Livorno il convento agostiniano e posa la prima pietra della Chiesa di Santa Maria delle Grazie (1591).

Il seicento è il secolo più travagliato: guerre e peste sono all'ordine del giorno. A ricordo del periodo viene posta una lapide, datata 1622, nella chiesa di San Giovanni Decollato. Nel contempo sorgono il convento dei Cappuccini (1623), il romitorio di Loreto (1625) e, forse, nel 1630 la chiesa di San Rocco sul luogo del lazzaretto, su preesistente oratorio.